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Carla Cavicchini
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Andrea Bernard porta Lucrezia Borgia al Maggio Musicale


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Il regista Andrea Bernard racconta a Carla Cavicchini la sua Lucrezia Borgia: un’eroina tra colpa, potere e umanità al Maggio Musicale Fiorentino.

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Andrea Bernard e la sua Lucrezia Borgia: tra potere, colpa e amore

Intervista di Carla Cavicchini per G-Channel Torino

Nel cuore del Maggio Musicale Fiorentino, il regista Andrea Bernard porta in scena una Lucrezia Borgia intensa e moderna, capace di raccontare il conflitto eterno tra potere e desiderio, colpa e redenzione.
👉 La prima è fissata per il 9 novembre (replica il 17 novembre), in uno degli appuntamenti più attesi della stagione lirica.

Lucrezia Borgia: una donna oltre il mito

Per Andrea Bernard, la celebre figura storica non è solo “l’avvelenatrice” o la figlia del Papa, ma una donna tormentata, in cerca di un amore perduto e di una maternità negata.

Ho cercato l’umanità di Lucrezia,” racconta Bernard, “una donna che agisce nel male solo per colmare un vuoto profondo, quello dell’affetto e della maternità mancata.

Il regista scava così nel lato più intimo della protagonista, trasformandola in un personaggio complesso e profondamente umano, in linea con la poetica musicale di Donizetti.

Un’ambientazione nel secondo dopoguerra

Bernard ambienta la vicenda nel secondo dopoguerra, un periodo di forti contrasti morali e sociali.

Cercavo un’epoca che ci avesse formato,” spiega. “Il dopoguerra è stato un momento di rinascita ma anche di contraddizioni: la Chiesa di Pio XII, la nascita della Democrazia Cristiana e poi la Dolce Vita, preludio al consumismo.”

L’ambientazione moderna permette di avvicinare la tragedia di Lucrezia al nostro tempo, rendendo l’opera un riflesso della condizione femminile e del potere nella società contemporanea.

Il bel canto: anima italiana che resiste

Non poteva mancare una riflessione sull’amore per il bel canto, cifra distintiva del teatro musicale italiano.

Il bel canto è italiano per natura,” sottolinea Bernard. “Appartiene alla nostra identità e il pubblico lo riconosce come qualcosa di proprio. Donizetti resta il simbolo assoluto di questa tradizione.”

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