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Il colesterolo: un alleato, non un nemico


Il colesterolo: un alleato, non un nemico
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Da decenni viene raccontato come qualcosa da temere, ma il colesterolo è una molecola essenziale per la vita.
Il nostro corpo lo produce ogni giorno, in gran parte nel fegato, dove si attiva un sofisticato processo di sintesi che trasforma acetil-CoA (derivato da zuccheri e grassi) in colesterolo.
Solo una piccola quota arriva dall’alimentazione: la maggior parte è autoprodotta in base alle necessità dell’organismo.

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Il colesterolo serve a:

  • costruire e mantenere elastiche le membrane cellulari, garantendo fluidità e stabilità alle cellule;
  • sintetizzare ormoni steroidei come cortisolo, estrogeni e testosterone;
  • produrre vitamina D e sali biliari, indispensabili per digerire i grassi.

Quando i livelli aumentano, non sempre è “colpa” dell’alimentazione.
Spesso è una risposta fisiologica allo stress: il corpo, sotto pressione, attiva l’asse ipotalamo–ipofisi–surrene, incrementando la produzione di cortisolo.
Per farlo, ha bisogno proprio del colesterolo, suo precursore diretto.

Ma c’è di più: l’aumento del colesterolo può rappresentare anche una risposta benefica a uno stato infiammatorio.
In presenza di infiammazione, le membrane cellulari tendono a perdere elasticità; il colesterolo interviene allora come agente riparativo, aiutando a ristabilire la fluidità e la resistenza delle cellule.

LDL e HDL: non “buono” o “cattivo”, ma complementari

Il colesterolo non circola libero nel sangue: è trasportato da particelle chiamate lipoproteine.

  • Le LDL (lipoproteine a bassa densità) portano il colesterolo dal fegato ai tessuti, dove serve per costruire membrane, sintetizzare ormoni e riparare cellule danneggiate.
  • Le HDL (lipoproteine ad alta densità) svolgono la funzione inversa: raccolgono il colesterolo in eccesso dai tessuti e lo riportano al fegato per essere riutilizzato o eliminato.

Si tratta quindi di due movimenti complementari di un unico sistema di equilibrio.
Non esiste un colesterolo “buono” o “cattivo”: esistono fasi diverse di un ciclo vitale di trasporto, riparazione e recupero.

Perché è importante capire prima di allarmarsi

Conoscere questi processi fisiologici è fondamentale per interpretare con lucidità i propri esami del sangue.
Ogni parametro racconta una parte del sistema, ma è la relazione tra i valori a dare senso al quadro generale.
Il colesterolo, ad esempio, va sempre letto insieme a trigliceridi e glicemia:

  • Trigliceridi elevati indicano un eccesso di zuccheri e grassi circolanti non utilizzati come energia, spesso legati a insulino-resistenza o stress metabolico.
  • Glicemia instabile stimola il fegato a produrre più colesterolo, per compensare le variazioni di energia e mantenere la funzionalità delle membrane cellulari.
  • Colesterolo alterato senza variazioni significative di trigliceridi e glicemia, invece, può indicare una risposta adattativa allo stress o a processi infiammatori latenti.

Prima di allarmarsi per un valore fuori range, è utile comprendere cosa il corpo sta cercando di comunicare: spesso non è un errore, ma un meccanismo di autoregolazione.

Colesterolo e omocisteina: due indicatori diversi

Un altro valore spesso trascurato, ma molto importante, è l’omocisteina.
A differenza del colesterolo, che agisce come sostanza strutturale e riparativa, l’omocisteina è un intermedio metabolico tossico prodotto dal metabolismo della metionina.
Quando i suoi livelli aumentano, danneggia le pareti dei vasi sanguigni, favorendo processi infiammatori e ossidativi che rendono l’endotelio più fragile e permeabile.

In questi casi il colesterolo tende ad aumentare come risposta protettiva, per riparare i danni vascolari e “tappare le microlesioni” create dall’omocisteina.
Il problema, quindi, non è il colesterolo in sé, ma la causa che ne stimola la produzione: carenze di vitamine del gruppo B (B6, B12, folati), stress cronico, cattiva alimentazione o infiammazione silente.

Capire la differenza tra questi due indicatori aiuta a leggere con intelligenza i dati di laboratorio e a non cadere in diagnosi semplificate.

La domanda allora non è solo “quanto colesterolo ho?”, ma “cosa nel mio stile di vita o nel mio ritmo interno mi porta a produrne di più?”

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