



La gran parte delle risorse economiche a disposizione dello Stato sono acquisite attraverso le “tasse”, esse gli garantiscono i mezzi necessari per funzionare, per servire i cittadini e garantire a tutti l’effettività dei diritti costituzionali.
Le tasse sono ciò che rende possibili e accessibili a tutti le nostre strade, le nostre scuole, i nostri ospedali, i mezzi di trasporto pubblico con i quali ci muoviamo; permettono di sostenere il costo del lavoro dei medici, degli insegnanti, di chi chiamiamo in aiuto quando ci sentiamo in pericolo dopo un terremoto o un’alluvione, di chi garantisce l’ordine pubblico e la sicurezza o amministra la giustizia. E sono anche il costo necessario per non lasciare indietro gli ultimi, i più poveri, i più indifesi. È lo strumento, in sostanza che consente a un Paese di funzionare e finanziare quei servizi che sono essenziali per tutti i cittadini.
Oggi, in Italia, il contributo che paghiamo con le nostre tasse non è uguale per tutti. Infatti, chiedere a tutti i cittadini lo stesso sacrificio economico prevedendo il pagamento di una percentuale fissa non sarebbe equo. Questo perché se il livello di tassazione fosse identico per tutti, il peso maggiore lo sopporterebbe proprio chi possiede meno. In effetti, per una persona che guadagna poco anche qualche decina di euro può fare una grande differenza, mentre per chi ha più disponibilità l’impatto sarebbe minimo. Chi più ha, più paga, attraverso un’aliquota che cresce al crescere del reddito.
Ormai da tempo però, il nostro sistema tributario ha perso gran parte della progressività: le entrate erariali progressive non raggiungono il 40 per cento del totale. La maggior parte, invece, sono le varie imposte indirette sui consumi (l’Iva sui beni che acquistiamo, le accise sui carburanti e via dicendo), alle quali si aggiungono le imposte sostitutive su alcuni tipi di reddito (come quella sui redditi finanziari o come la cedolare secca per gli affitti) e i regimi forfetari che consentono di applicare regole speciali a intere tipologie di contribuenti (la flat tax per le partite Iva) in vìolazione dei princìpi costituzionali di capacità contributiva e di progressività.
Esistono poi regimi fiscali di favore (aliquote agevolate, livelli di tassazione concordati e molto altro) nei confronti di una minima parte dei contribuenti, quando la stragrande maggioranza è composta da lavoratori dipendenti e pensionati che dichiarano più dell’80 per cento del reddito complessivo assoggettato a tassazione.
A fronte di un costante aumento delle risorse recuperate col contrasto all’evasione, non si è previsto inoltre un abbassamento della pressione fiscale nei confronti di coloro che sinora hanno pagato anche per coloro che non pagavano. Come dipendenti e pensionati che, essendo assoggettati a un prelievo alla fonte e incassando un reddito già al netto delle tasse versate, le tasse le hanno sempre e regolarmente pagate. Come quei professionisti, commercianti e imprenditori che onestamente hanno versato le imposte dovute, esorbitanti a causa proprio di coloro che hanno frodato lo Stato.
Diffuso inoltre è il fenomeno dei dipendenti che vengano pagati in parte in nero per consentire ai datori di lavoro di risparmiare sulle tasse e sui contributi previdenziali, ledendo in questo modo anche il diritto a una pensione proporzionata al lavoro che hanno svolto e sono stati introdotti condoni fiscali che hanno minato la fiducia dei cittadini onesti che hanno sempre pagato le tasse determinando, ambedue le aberrazioni del sistema, il carico del loro peso e il rischio dell’attività d’impresa o della professione su chi le esercita nel pieno rispetto delle regole e altresì una forma di concorrenza sleale praticata dai ladri fiscali che taglia le gambe agli onesti.
D’altro lato, il denaro dei contribuenti onesti viene speso con superficialità per garantire posizioni di vantaggio a una piccolissima parte di popolazione e il patrimonio derivato dal contributo di tutti diventa man mano più esiguo per colpa di chi per un verso ne usufruisce come tutti e per l’altro non vi contribuisce.
L’evasione fiscale crea di fatto una situazione di privilegio di alcuni cittadini rispetto agli altri. Chi evade usufruisce di agevolazioni o di servizi che non ha contribuito a finanziare e che non gli spettano neppure, con la conseguenza – a causa delle risorse limitate a disposizione dello Stato – di impedirne l’accesso a chi invece ne avrebbe diritto. Analogamente, in ambito economico, l’evasione altera i meccanismi della concorrenza tra le imprese, consentendo a chi evade di avere più denaro a disposizione.
Infine, l’evasione sottrae risorse alla collettività, che si ritrova con sempre meno fondi a disposizione che potrebbero essere destinati per la sanità, l’edilizia scolastica, la sicurezza di tutti noi cittadini e così via.
Pagare le tasse significa investire nel proprio presente e nel futuro delle generazioni che verranno; l’evasione, invece, rappresenta una zavorra per lo sviluppo della comunità, una tassa occulta che grava sulle spalle di chi paga le tasse e nega risorse e servizi ai più poveri. È un po’ come cenare al ristorante in comitiva, andare via prima e non lasciare i soldi per il conto, che dovrà essere pagato dagli altri commensali rimasti al tavolo, al loro posto: ecco, questo si chiama fare gli scrocconi ed è così che dovremmo pensare.
Per trovare le risorse necessarie al funzionamento della nostra società non ci sono grandi alternative a un sistema fiscale che funzioni, pena il ricorrere a ulteriore debito pubblico, che verrà poi ripagato con le tasse di domani, vuol dire far pagare i nostri debiti odierni ai figli e alle generazioni future, proprio attraverso le maggiori tasse che saranno chiamati a versare.
La lealtà fiscale si raggiunge se si fa sapere a cosa sono servite e come sono state utilizzate le proprie tasse. Dovrebbero essere apposti all’esterno degli ospedali cartelli del tipo: “Questa struttura può accoglierti e curarti anche grazie alle tasse che paghi, con le quali vengono pagati i medici, gli infermieri, il personale paramedico, quello amministrativo e acquistati i farmaci e i macchinari che servono per le diagnosi e le cure” o se al momento delle dimissioni ci venisse consegnata una fattura a “saldo zero” con l’elenco dei costi sostenuti dallo Stato.
Oppure all’ingresso delle scuole “Con le tasse vengono pagati gli insegnanti, il personale amministrativo, le bollette della luce, i materiali e arredate le aule. Ricordatevene quando sarete più grandi e avrete un lavoro. Per adesso ricordatelo ai vostri genitori quando tornate a casa”. E lasciata la scuola gli studenti dovrebbero ricevere una fattura a “saldo zero” con l’elenco dei costi sostenuti dal Servizio Scolastico nel periodo di frequenza.
E così per ogni servizio pubblico che riceviamo. Basterebbe davvero poco per diventare tutti cittadini più consapevoli.
Roberto Merico
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