



Dopo la nascita di Gesù, alcuni magi giunsero a Gerusalemme chiedendo ai sommi sacerdoti e agli scribi se sapessero dove sarebbe potuto nascere il nuovo re.
Erode, avendo avuto come risposta e indicazione Betlemme, sentendo minacciato il proprio trono ordinò l'uccisione di tutti i nuovi maschi dai due anni in giù.
Tanto era la crudeltà del reggente che l'Imperatore Augusto ebbe modo di dire: "È meglio essere il maiale di Erode che uno dei suoi figli".
Analogia; presente nel Vangelo secondo Matteo.
Da allora gli avvenimenti hanno attraversato tempi, vite e dinastie, ma le mattanze in quei luoghi ritenuti sacri dalle religioni continuano a soffrire senza requie; da allora ai nostri giorni rimangono impressi nelle menti e nei cuori quelle pareti di cemento armato lasciate grigie a ritmo alterno come le marce di parata in tempo di guerra.
Così sta nel suo binario del ricordo in una stazione centrale quel convoglio bestiame in legno, con la tetra soglia del passaggio perché l'angoscia degli spazi stretti, dei buoi e del tanfo siano riflessione.
Oggi come ieri in quella terra, tra il mare e le sacre colline, quel parallelo di violenza e di terrore rimane giornalmente nelle memorie storiche offuscate dall'odio di chi guarda, in genere comodamente seduto in case accoglienti e protette, così tanta crudeltà.
Quattrocento bambini in un solo giorno muoiono martoriati da quelle bombe che sanno di nuovo rinascimento produttivo, mentre mutilati arti sorreggono bianche bare di tela che, come un sudario, lasciano impronte di vergogna sulle nostre anime.
Le quattro generazioni che dal 1946 al 2024 hanno vissuto la storia della possibile rinascita sanno che così proseguendo neppure la generazione Beta, che sembra già per definizione un software sperimentale, rimanendo immobile alla continua violenza del potere, sarà immune al terribile ripetersi dei "corsi e ricorsi" della storia.
A loro il compito di conoscere il succedersi degli avvenimenti della storia e il dovere dell'applicazione di uguaglianza fra i popoli di un planisfero che sembra diventare glabro di ogni condivisa umanità.
Oggi a Gaza cercano la sopravvivenza 2,2 milioni di palestinesi, il 40% sono ragazzi e bambini sotto i quattordici anni; la loro età si attesta ai 19 anni in un territorio senza pace sconquassato dalle bombe.
È tragico, scrive Eric Froom, che la maggior parte di noi muoia ancora prima di avere incominciato a vivere.
Per capire e cambiare dovremo tornare a guardare il mondo con gli occhi di un bambino, usare la meraviglia, l'immaginazione e l'istinto per alzarsi oltre a ciò che vediamo e arrivare a ciò che sentiamo col cuore; perché sappiamo oggi che per un bambino il mondo ideale è il suo, non è il nostro.
Oggi dovremmo dare ai bambini una parola in più, perché i bambini hanno quella che a noi adulti manca: la fede.
Credono in babbo Natale, negli Unicorni, negli Alieni, in Dio.
Credono alle cose belle, vivono nel divenire, perché ci credono, hanno fiducia nella vita, quella vita che a noi manca.
Le famiglie e la scuola devono dare ai bambini, in questo particolare e difficile momento storico, un motivo in più per esprimere la loro conoscenza e sensibilità.
Noi possediamo questo regalo e loro lo hanno capito; noi rispetto a questo immenso regalo che abbiamo oggi e che avremo domani e poi domattina ancora non solo lo scartiamo ma ci dimentichiamo di ringraziare loro; anche se si chiama presente.
"Ho visto la formica in un giorno di gelo, triste, donare alla cicala metà delle sue provviste.
La cosa fece impressione e subito in cielo il sole si affacciò; per vedere questa rivoluzione".
Gianni Rodari
- Per riavere speranza dobbiamo somigliare loro-
Claudio Ferrari
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