La prevenzione del disagio e promozione della salute è dunque una componente imprescindibile ed integrante dell’azione tipica “sanitaria”, assieme a componenti quali la diagnosi e la terapia, e contribuisce a costruire la sua identità complessiva, rendendola efficace.
Tale ambito è variamente connotato in senso psicologico, sia in ordine alla prevenzione/promozione della salute di area psicologica ed emotivo-relazionale, sia, nella più generale promozione di comportamenti ed atteggiamenti legati alla salute, ai metodi ed ai modelli di intervento che caratterizzano tali attività e che sono di natura strutturalmente psicologica.
La prevenzione e promozione della salute e del benessere psicologico è per definizione una competenza tipica psicologica.
Gli atti tecnici di prevenzione psicologica e psicosociale (ovvero, quelli rivolti alla prevenzione non solo delle patologie, ma anche dei disagi, dei malesseri e delle problematiche di tipo cognitivo, emotivo - motivazionale e relazionale, ed alla consulenza e promozione attiva del benessere e della salute in questi ambiti) si basano infatti, in maniera facilmente verificabile, su un’ampia letteratura scientifica inter- nazionale, testimone di una pluridecennale attività di teorizzazione, ricerca, applicazioni e modellizzazioni teorico-pratiche di origine e natura espressamente psicologica.
In ambito scientifico e professionale i contenuti della prevenzione e promozione della salute sono quindi espressamente studiati dalla psicologia, cui afferiscono storicamente e scientificamente anche le varie aree del “counselling” individuale e di gruppo, della “psicologia positiva”, della “salutogenesi”, del “life/work balance”, e simili; tutte aree nate e sviluppate strettamente in ambito psicologico, e che proprio nei contesti, modelli e mezzi psicologici, trovano ed hanno sempre trovato il loro razionale.
Tali competenze tecniche necessitano infatti, per essere esercitate compiuta- mente, di specifiche conoscenze psicologiche, psicopatologiche, psicobiologiche e psicosociali. Ogni prassi professionale d’intervento in merito al disagio relazionale, emotivo, psichico e di promozione del benessere, non può essere attuata, in ossequio al dettato Costituzionale dell’art. 32, senza approfondite conoscenze teorico- pratiche relative alle competenze formative ed abilitative riferite nel combinato disposto della Legge 56/89 e della Legge 170/2003.
Se l’intervento sanitario meramente “informativo” è infatti di pertinenza di molte figure professionali (comunque abilitate per legge), nell’ambito della promozione della salute la figura professionale specifica che, da un punto di vista teorico e metodologico, analizza in maniera tipica le variabili cognitive, emotive, relazionali e le “attribuzioni di senso individuali e collettive” legate alla salute è appunto lo psicologo, che si trova pertanto a svolgere un ruolo centrale, tipico e specifico in materia. 13
Da un punto di vista pratico, le attività di salutogenesi focalizzate sulla promo- zione di cambiamenti positivi di comportamenti, cognizioni e atteggiamenti, la promozione ed il sostegno al “behavior change” e l’intervento individuale o collettivo sugli atteggiamenti e le rappresentazioni sociali legate alla salute, rappresentano tipiche aree di ricerca ed intervento in cui i metodi e le tecniche di behavior/attitude change sono, nel panorama internazionale, basate sulla modellistica psicologica.
L’applicazione di metodi e tecniche come sopra definiti, intervenendo su livelli diversi, richiede la capacità professionale di comprendere e gestire le complesse interazioni di processi cognitivi, psicosociali, psicoeducativi, e di modifica comportamentale. Essendo appunto competenze che nel loro insieme caratterizzano la professione di psicologo, si sostanziano come “Atti Tipici” della professione stessa, anche laddove articolati in contesti “salutogenetici” non strettamente legati agli obiettivi del mero benessere “psichico” inteso in senso letterale.
Non è del resto possibile prevenire professionalmente i disagi emotivi o promuovere processi di “crescita personale”, senza possedere, ad esempio, solide competenze sulla psicologia dei processi di sviluppo, personologici, delle dinamiche affettive e relazionali, sulla salute mentale, sulla psicopatologia, sulla psicologia della comunicazione e dei gruppi (ovvero, il focus formativo dei percorsi universitari di Psicologia).
E non sarebbe del resto possibile valutare e gestire tali processi, anche in chiave “non clinica”, senza adeguate competenze nelle tecniche del colloquio psicologico, o della valutazione dei bisogni psicologici e psicosociali; ovvero, competenze tecniche specifiche che più volte la Giurisprudenza (cfr., ad es., Sentenza Tribunale di Ravenna 422/2007; Sentenza Tribunale di Venezia, 13/2009; Sentenza Tribunale di Milano 10289/2011) ha riconosciuto ed espressamente ribadito essere riservate alla professionalità psicologica.
Lo psicologo, nel campo della Prevenzione (e in tutti gli altri ambiti di sua pertinenza), è tenuto, per formazione e deontologia, a basare le sue prassi professionali esclusivamente su paradigmi teorici del funzionamento psichico e relazionale coerenti e validati dalla ricerca scientifica internazionale. Le evidenze empiriche in merito sono significative e possono trovare sostegno in procedure metodologiche rigorose, sistematiche, sviluppate proprio a partire da modelli scientifici e tecnici psicologici, e poi applicate in contesti diversificati.
Oltre alla palese dimensione di ricerca scientifica internazionale, per la quale sussiste nei soli database bibliometrici psicologici un corpus di oltre 50.000 articoli scientifici prodotti nel mondo negli ultimi decenni sul tema della prevenzione e della promozione della salute tramite metodi e modelli psicologici 14, da un punto di vista di definizione normativa e del relativo mandato sociale la professione di psicologo riconosce tale afferenza tipica – e i relativi requisiti formativi per poterle esercitare – anche dal dettato della L. 56/89, del DPR. 328/2001 e della L. 170/2003. In generale, se è quindi evidente che, per attività generiche prive del tutto di connotazioni professionali, le competenze riservate per Legge possano non essere sempre necessarie, nel momento in cui l’azione di prevenzione e promozione della salute diventa atto strutturato, o si svolge in una logica connotata professionalmente, allora per il loro svolgimento sono previste dal Legislatore (e confermate dalla Giurisprudenza) competenze e conoscenze verificabili e certificate, a seguito di apposita abilitazione di Stato a tutela della Salute, quale bene pubblico di rango Costituzionale.
Fonte: Consiglio Nazionale Ordine degli Psicologi - gruppo di lavoro "Atti tipici"
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