



È potenzialmente sotto gli occhi di tutti la disastrosa situazione politico – economica del paese dopo due anni e mezzo del governo di destra, eppure almeno dai sondaggi pare che il consenso a quella compagine non sia rimasto scalfito. Occorre quindi una profonda riflessione sulla qualità della comunicazione e della proposta politica delle opposizioni. Questo articolo vuole dare un contributo per superare questa impasse.
Che farà l’opposizione? Come si appresta a governare il Paese, con quale programma e con quali uomini, per non deludere, come sta facendo l’attuale governo? Ma gli uomini? Chi metterebbe in campo come ministri, sottosegretari, presidenti di commissioni parlamentari? E con quali staff, capi di gabinetto e degli uffici legislativi, consiglieri, giuridici ed economici, esperti nei vari settori, portavoce? È questo insieme di uomini che globalmente fa un governo e la differenza.
Evidentemente i cittadini non stanno trovando risposta a queste domande o per l’insufficiente proposta politica oppure per la carenza nella qualità della comunicazione.
A mio avviso quando il governo interviene illustrando i propri propositi, le azioni o/e i risultati del proprio agire, se con il presidente del Consiglio dei ministri deve subito rispondere a duello il capo dell’opposizione, se con i ministri dei vari dicasteri, che si tratti di politica estera, economia, trasporti, sport, cultura e così via, gli esperti della materia designati dalle segreterie. Quando il ministro del Tesoro presenta il suo programma di bilancio, l’esperto ne presenta uno alternativo cosicché quest'ultimo venga esaminato da professionisti competenti e mezzi di informazione, che lo giudicano come se fosse sul punto di essere messo in pratica e lo confrontino con quello ufficiale. Insomma, il gruppo incaricato è il termometro dell'opposizione: serve a capire come se la caverebbe, il partito che non è al governo, se gli toccasse di governare.
Non solo: se il capo dell’opposizione diventasse premier, ci si aspetterebbe che gli incarichi degli esperti dell’opposizione venissero confermati nel governo vero e proprio e si facessero dichiarazioni in tal senso. Non da farne proprio un obbligo, ma un'aspettativa di coerenza politica a cui dare parecchia importanza e non uno scherzo, bensì una faccenda molto seria. A questo modo il titolo di esperto incaricato sarebbe carico di prestigio e responsabilità. Nessuno si sognerebbe di prenderlo a pernacchie. È in virtù di questo sistema che all’indomani delle elezioni il Presidente della Repubblica sarebbe in condizione di dare l’incarico di formare il nuovo governo al leader della coalizione che ha vinto ed il governo s’insedierebbe nel giro di un giorno o due e non dopo lunghe ed estenuanti trattative.
Quanto a chi dovrebbe ricoprire il ruolo di leader dell'opposizione (o capo dell'opposizione) questi dovrebbe essere il leader del partito (o della coalizione) che detiene il maggior numero di seggi parlamentari dopo il partito (o la coalizione) che, avendo vinto le elezioni, è al governo.
In altri termini l’opposizione svolge un'azione critica nei confronti delle decisioni del governo in carica, proponendo scelte alternative e si prepara a succedergli ove ottenesse i necessari suffragi in sede elettorale.
Il non sapere, anche a distanza di pochi mesi dalla formazione di un nuovo governo chi siederebbe nelle poltrone che contano rappresenta un errore grave, gravissimo. Dimostra che la “cultura di governo” non è penetrata nei partiti che aspirano a vincere le elezioni. Quella cultura che è cosa diversa dal governare è espressione della consapevolezza del ruolo istituzionale che una maggioranza eligenda assume e con la quale formula e porta avanti l’indirizzo politico consacrato dal risultato elettorale.
Con una opposizione strutturata per succedere all’esistente si scongiurerebbe il pericolo che ce ne fosse una di comodo e l’esisterne invece di una severa ed a tutto tondo, per cui i cittadini siano in condizione di distinguere senza dubbio alcuno le responsabilità di chi governa da quelle di chi si oppone al governo in carica e pretenda di avere le carte in regola per sostituirsi ad esso; ed a nessuno dell’opposizione venga in mente, cosa invece frequente, di inciuciare, cioè di raggiungere accordi sotto banco con il governo. Ebbene, ciò significa che sono identificabili i responsabili delle varie politiche pubbliche. In sostanza che Tizio è il designato Ministro degli esteri, Caio della difesa, Mevio dell’economia, Sempronio dell’ordine pubblico o dell’istruzione e via dicendo. Oggi la gente non sa chi si occupi di difesa, ordine pubblico, beni culturali, ecc. Non lo sa perché nel dibattito politico non emerge mai con certezza chi ha questa responsabilità all’interno della coalizione ostile al governo. Non si ravvede una struttura che gestisce l’opposizione in determinate materie e che si prepara ad assumere responsabilità ministeriali o parlamentari. Neppure a livello di staff.
La gestione del potere costituisce un impegno continuo, che comporta l’approfondimento delle tematiche di settore, in collegamento con la rappresentanza parlamentare ed avendo attenzione per la struttura amministrativa di riferimento. Cosa che è clamorosamente mancata in alcuni governi improvvisati con le conseguenze che si sono viste, quanto alla capacità di incidere sulla realtà economica e sociale del Paese. È come se un generale si apprestasse alla battaglia senza preoccuparsi dei suoi soldati, del loro armamento, dell’addestramento, dell’adeguatezza dell’abbigliamento al clima e soprattutto della carica morale, necessaria per chi deve raggiungere obiettivi difficili.
Roberto Merico
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