



Le città sono sempre più inquinate anche a causa dell’utilizzo intensivo delle automobili da parte dei cittadini: per contrastare questo fenomeno, la smart mobility propone soluzioni per muoversi in città riducendo le emissioni dannose.
Le auto elettriche sono la nuova frontiera della mobilità, rappresentando la soluzione principale per la rivoluzione verde e per gli spostamenti sostenibili. Queste auto non emettono gas serra, contribuendo così alla riduzione dell’inquinamento atmosferico e alla lotta contro i cambiamenti climatici. Uno studio dell’Università di Cambridge ha dimostrato che, nel corso del loro ciclo di vita, le auto elettriche emettono significativamente meno CO2 rispetto alle auto a benzina o diesel:
https://www.cam.ac.uk/research/news/electric-cars-better-for-climate-in-95-of-the-world.
Le auto tradizionali emettono anche altri inquinanti nocivi per la salute come l’ossido di azoto e le polveri sottili; quelle elettriche, essendo a zero emissioni, contribuiscono a migliorare la qualità dell’aria nelle città, riducendo l’impatto sulla salute pubblica.
Il principio di fondo di un motore elettrico è l’accumulo di energia in una batteria (o più batterie) per cui l’energia non va prodotta, ma consumata (ed eventualmente recuperata). Il motore elettrico serve a convertire l’energia in movimento, creando campi magnetici che muovono l’albero motore.
Poi il movimento creato passa alla trasmissione, da cui poi poco cambia rispetto alle macchine a benzina o a diesel. Le macchine elettriche del futuro potrebbero persino eliminare la trasmissione stessa, con un motorino elettrico per ciascuna ruota.
L’efficienza energetica del motore elettrico è massima, vicina al 90%, mentre nei motori a scoppio una gran parte dell’energia viene convertita in realtà in calore, che va poi dissipato. Ecco che nell’elettrico sparisce la necessità di motori ingombranti, sistema di raffreddamento e persino di trasmissione. Una notevole semplificazione. Queste caratteristiche, unite al fatto che un motore elettrico è molto più semplice dal punto di vista ingegneristico rispetto a un motore endotermico, fanno sì che le auto elettriche siano meno soggette all’usura e che abbiano bisogno di un numero ampiamente inferiore di riparazioni e interventi meccanici. In questo modo i proprietari possono conseguire importanti vantaggi non solo dagli inferiori costi di alimentazione ma anche dai ridotti costi di manutenzione. L’auto elettrica è inoltre esente dal bollo per 5 anni e usufruisce di uno sconto sull’assicurazione. I governi, anche il nostro, hanno previsto incentivi per l’acquisto di auto elettriche nuove che possono arrivare fino a diverse migliaia di euro.
Grazie alle nuove tecnologie (plug-in) è sempre più facile accedere a colonnine di ricarica, o addirittura si possono ricaricare le batterie agli ioni di litio direttamente dalla presa di casa. Ormai è normale avere modelli nuovi con autonomia di 300-400 km. e si sta progettando una batteria capace di ricaricare 600 km di autonomia in appena 10 minuti con la quale si potranno superare le barriere oggi presenti che vanno a limitare la ricarica e che preoccupano molti consumatori.
L’auto elettrica è molto silenziosa, in quanto non esiste lo scoppio del motore e ci sono meno impianti e meccaniche in movimento, riducendo l’inquinamento acustico nelle aree urbane, migliorando la qualità della vita. La produzione (o meglio, il consumo) di energia è silenziosa e viaggiare diventa molto comodo.
Un “pieno” di energia elettrica (una ricarica completa) costa molto meno di un pieno di carburante fossile. Per molti motivi, tra cui la maggiore facilità di trasporto dell’energia elettrica rispetto ai carburanti liquidi; si risparmia circa la metà. In media, le ricerche dimostrano che le auto elettriche costano circa 500€ all’anno in meno rispetto alle auto a combustione. Il costo medio di funzionamento di un’auto elettrica è di 1.340€, rispetto a quello di auto a diesel o benzina, pari a circa 2.416€.
La tecnologia delle auto elettriche è in costante miglioramento e si prevede che in futuro il loro valore di rivendita rimarrà più alto a seguito dell’aumento di interesse per queste vetture. Si stima che dopo 3 anni le auto elettriche mantengano il 48% del loro valore originale, superiore rispetto alle auto tradizionali.
Tuttavia, anche le auto elettriche o ibride presentano degli aspetti problematici, quali lo smaltimento e la rottamazione delle batterie al litio. La loro durata è di circa 8-10 anni.
La batteria a litio è l’elemento più importante delle autovetture elettriche perché garantisce l’immagazzinamento dell’energia, la fornitura della potenza al motore elettrico e le prestazioni dell’auto stessa. Una volta esaurite, le batterie a litio devono sottostare ad un percorso di smaltimento rigoroso che viene portato avanti dalle case produttrici dell’auto: questa modalità di trattamento ha lo scopo di proteggere e tutelare l’ambiente, evitando qualsiasi tipo di contaminazione. Contengono infatti materiali, nichel, cobalto, alluminio e rame, che, se affrontano un corretto processo di smaltimento non comportano alcun tipo di rischio né per gli esseri umani né per l’ambiente. gli esperti stanno cercando di sviluppare un processo idrometallurgico in grado di recuperare oltre il 90% dei metalli contenuti in una batteria a litio.
La maggior parte dei Paesi, in particolare quelli europei e asiatici, verte più verso il riutilizzo piuttosto che allo smaltimento di questo tipo di batterie. Infatti, una soluzione adottata da molte aziende produttrici di auto elettriche è stata quella di riutilizzare le batterie a litio per scopi alternativi. Ad esempio, in Francia le batterie delle auto elettriche vengono utilizzate per alimentare i battelli che navigano sul fiume Senna. Principalmente in Giappone ma non solo, invece, le batterie delle auto elettriche vengono utilizzate per illuminare le strade delle città.
A dispetto delle credenze comuni, non vi sono particolari profili di tossicità legati al litio:
- si tratta di un metallo inerte, disponibile in natura e per nulla pericoloso al suo stato naturale;
- non è minimamente radioattivo.
La convinzione errata è probabilmente dovuta a una fallace interpretazione di due evidenze:
- il litio può essere impiegato in alcune applicazioni nucleari, ad esempio nella produzione di trizio, ma rimane non radioattivo;
- la lavorazione, se eseguita in assenza di ferree regolamentazioni, può determinare una contaminazione nociva degli habitat, ma in natura il litio rimane inerte;
- la presunta tossicità per la salute è stata impropriamente desunta dal carbonato di litio, impiegato per la cura di alcune patologie psicologiche, che se assunto in grandi quantità può avere conseguenze gravi per l’organismo.
Altra convinzione molto comune, a causa delle fake news circolate sui social network, è relativa a un’estrazione esclusivamente africana del litio. Secondo i detrattori, le miniere di questo materiale starebbero danneggiando gravemente gran parte del Continente, rafforzando questo concetto con immagini di minori ingiustamente sfruttati in impianti di estrazione in Congo.
In realtà, la maggior parte della produzione mondiale di litio si divide tra:
- Australia, che ne estrae più del 50% a livello mondiale;
- Cile;
- Cina;
- Argentina.
Sebbene l’Africa possa contare su ampie disponibilità di litio – si stima, più del 35% a livello mondiale – al momento la produzione è molto ridotta. Per quanto il problema dello sfruttamento minorile sia grave ed evidente, soprattutto in alcuni Paesi africani, le immagini fatte circolare sui social non riguardano l’estrazione del litio. Sono inerenti alle miniere di minerali e metalli rari – cobalto, in particolare – provenienti da zone di conflitto del Congo: tali metalli vengono utilizzati pressoché per qualsiasi applicazione industriale che è destinata al consumatore finale, dalla raffinazione del petrolio passando per la produzione di smartphone.
Secondo le principali ricerche scientifiche condotte negli ultimi anni, l’estrazione di litio non è più inquinante rispetto a quella del petrolio anzi l’impatto delle due fonti energetiche non è minimamente paragonabile.
Giusto per fare un esempio, basti pensare ai gas climalteranti emessi per le attività di estrazione:
- per estrarre una tonnellata di litio – utile per la produzione di batterie per 25-55 auto elettriche, a seconda delle loro configurazioni, che percorreranno almeno 150.000 chilometri ciascuna – si emettono tra le 5 e le 15 tonnellate di CO2 equivalente;
- per estrarre una tonnellata di petrolio – necessaria per alimentare 100 auto che percorrono 150 chilometri – si emettono dalle 2,9 alle 12 tonnellate di CO2 equivalente.
Prendendo la proporzione migliore per le auto a petrolio, e la peggiore per le auto elettriche, se ne ricava che:
- le auto elettriche, che hanno sfruttato complessivamente una tonnellata di litio emettendo tra le 5 e le 15 tonnellate di CO2 equivalente, percorreranno 3.759.000 chilometri totali;
- le auto endotermiche, che hanno sfruttato complessivamente una tonnellata di petrolio emettendo poco meno di 15 tonnellate di CO2 equivalente, percorreranno 750.000 chilometri.
In linea generale, l’intero impatto ambientale della produzione di litio mondiale è inferiore ai danni causati da una singola fuoriuscita di greggio, come ad esempio quella che qualche anno fa ha colpito in modo devastante il Golfo del Messico.
Ultima questione riguarda il rischio incendi. In sintesi, gli incendi dei mezzi elettrici possono richiedere procedure più complesse e più tempo per essere completamente estinti e per raffreddare le batterie; ma dalle statistiche finora non è emerso un rischio maggiore di incendio dei veicoli a batteria, in confronto a quelli benzina o diesel, come molti sostengono. Anzi, le auto elettriche sono quelle con i minori casi accertati di incendio. Le statistiche finora fornite da fonti ufficiali, stabiliscono che le auto elettriche sono quelle che si incendiano di meno: circa 60 volte meno frequentemente di quelle a benzina.
Il problema principale per il rischio di incendi sui veicoli elettrici, risiede nel fenomeno del “thermal runaway”, cioè nel fatto che le batterie agli ioni di litio possono, in circostanze del tutto eccezionali, presentare un repentino e inarrestabile incremento della temperatura. Il flusso di ioni di litio da anodo a catodo (batteria in uso) oppure da catodo ad anodo (batteria in ricarica) può surriscaldare la batteria fino a far reagire l’elettrolita con altri elementi chimici presenti, aumentando ulteriormente la temperatura fino a produrre gas che, aumentando la pressione interna, producono ulteriore calore”.
In condizioni normali questo aumento della temperatura è tenuto sotto controllo, ma in condizioni estreme o in presenza di gravi difetti di fabbricazione può crearsi un effetto a catena che può portare all’incendio/esplosione della batteria e alla produzione di fumo fuoriuscente dal pacco batterie.
Domare un incendio scoppiato dalle batterie al litio di un veicolo può essere più complicato. L’acqua si è dimostrata finora il più valido mezzo per il controllo dell’incendio di batterie agli ioni di litio, soprattutto se usata in grandissima quantità e per lungo tempo, allo scopo di raffreddare l’esterno del pacco batterie grazie al fatto che il pacco batterie e i circuiti ad alta tensione sono sigillati e non sono in contatto con la carrozzeria”.
In conclusione, le auto elettriche rappresentano il futuro della mobilità offrendo una soluzione più sostenibile rispetto ai tradizionali veicoli a combustione interna. Nonostante alcune sfide ancora da affrontare, i benefici in termini di riduzione delle emissioni, costi di esercizio ridotti e incentivi governativi rendono questi veicoli una scelta sempre più conveniente. Con il continuo sviluppo delle infrastrutture e delle tecnologie, è probabile che le auto elettriche diventino sempre più accessibili e diffuse nei prossimi anni.
Roberto Merico
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