



Siamo abituati a pensare di conoscerci, ma la coscienza rappresenta solo una minima parte della nostra mente: circa il 5%.
Il restante 95% appartiene all’inconscio, che custodisce emozioni, memorie corporee, vissuti e credenze profonde. Una parte può emergere se ascoltata, un’altra rimane inaccessibile, ma non per questo smette di agire in noi.
È qui che prende forma la somatizzazione.
Se davvero sapessimo riconoscere ciò che tratteniamo, il corpo non avrebbe bisogno di trasformarlo in sintomo. La somatizzazione è il linguaggio dell’inconscio che trova voce attraverso il corpo. Come ricordava Alexander Lowen: «Il corpo non mente mai».
Le malattie si dividono in due grandi categorie: psicosomatiche o incurabili (come ad esempio incidenti). Tutto ciò che passa attraverso il corpo impatta sulla psiche. Le emozioni sono risposte biologiche del corpo, quindi, non è possibile separare corpo dalla psiche.
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La psicosomatica ci insegna che dolori, tensioni e disturbi non sono mai casuali, ma risposte incarnate a ciò che non riusciamo a dire o a sentire:
- La rabbia trattenuta può irrigidire muscoli e articolazioni.
- La paura altera il respiro e il battito.
- La tristezza inespressa svuota le energie vitali.
Quando ci avviciniamo al linguaggio del corpo, possiamo distinguere diverse modalità con cui il sintomo si manifesta:
Quando una persona dice “non ce la faccio più” → indica incomprensione di sé e dei propri limiti e risorse
- Sintomatologia vissuta ovvero l’identificazione con la rappresentazione di sé
Il sintomo rispecchia ciò che la persona ha scelto o interiorizzato come identità sociale o personale.
Esempi: Persona chiusa → ritenzione idrica o persona prodiga → incontinenza
- Sintomatologia patita ovvero il sintomo impone alla persona di essere ciò che è
Il corpo lavora su ciò che viene rifiutato o non accettato, obbligando la persona a confrontarsi
con sé stessa.
Esempio: persona chiusa → colite con dissenteria -il sintomo “ti impone” di aprirti
- Sintomatologia desiderata ovvero ciò che permette di rientrare in un ambito di tranquillità
Il sintomo funge da mezzo per tutelare l’equilibrio interno quando i limiti o le emozioni non sono compresi.
Esempio: bambino durante inserimento all’asilo che si ammala perché vuole tornare a casa
L’indagine del counselor psicosomatico
Il lavoro del counselor non è dare un’etichetta al sintomo, ma accompagnare la persona a decifrarlo, creando uno spazio sicuro in cui l’inconscio possa emergere attraverso il corpo.
Questo significa aiutare a:
- Ascoltare i segnali corporei senza ridurli a spiegazioni superficiali
- Dare voce a emozioni nascoste e memorie silenziose
- Trasformare il sintomo in un alleato di consapevolezza e crescita
Quando ciò che era trattenuto trova finalmente ascolto, l’energia torna a fluire e il corpo non ha più bisogno di farsi carico di quel messaggio.
Il corpo è il nostro diario più sincero: imparare a leggerlo significa incontrare parti di noi che aspettavano solo di essere accolte.
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