



La proposta delle piazze per l’Europa lanciata qualche giorno fa da Michele Serra sta suscitando entusiasmi, domande e diffidenze non soltanto tra le forze della maggioranza, ma anche tra i partiti che si collocano all’opposizione. Come sappiamo, la proposta si è concretizzata nella convocazione di una manifestazione senza bandiere di partito fissata per il 15 marzo a Roma. L’obiettivo è sollecitare le istituzioni europee e nazionali a rimuovere gli ostacoli politici e strutturali che finora hanno bloccato la creazione di un’Europa federale e democratica ispirata ai principi delle origini.
L’iniziativa si colloca in un contesto geopolitico denso di minacce esiziali per la democrazia, la pace e il benessere dei Paesi europei e non solo. In questo clima di pericolo incombente e di disarmata apprensione per le sorti delle nostre comunità, la sinistra è riuscita a dividersi alche su questa manifestazione apartitica. È stato sollevato l’interrogativo “per quale Europa dovremmo impegnarci?„ come quesito decisivo per decidere la partecipazione o meno all’iniziativa. Sarei tentato di rispondere: “per l’Europa!„ se non temessi di essere scambiato per un provocatore. Cercherò quindi di spiegare perché parteciperò con convinzione alla manifestazione di Roma.
La Comunità Economica Europea, con i suoi pregi e difetti, abbiamo imparato a conoscerla lungo quasi settant’anni, dal Trattato di Roma del 1957 in poi. Un tratto di strada sufficiente per tentare un bilancio da mettere nel conto soprattutto da parte di chi si chiede “per quale Europa?„. Sono cosciente di andare contro la corrente prevalente di pensiero, che abbonda di affermazioni del tipo: “l’Europa non c’è, l’Europa ha fallito„, ma credo che l’Europa abbia raggiunto in questi anni risultati coerenti (se pure insufficienti) con lo spirito delle origini. E che il pensiero di una comunità che rifugge dalla guerra e persegue al contempo valori di libertà, giustizia sociale e ambientale sia stato realizzato in modo distintivo proprio nella nostra Europa. Un modo per stilare un bilancio è osservare alcuni indicatori socioeconomici europei e confrontarli con quelli di un’area paragonabile alla nostra in termini di modello economico e di avanzamento tecnologico, ad esempio gli Stati Uniti d’America. Lo so che non è elegante affidarsi soltanto ai numeri, cercherò quindi di essere sintetico, rimandando alla bibliografia qui allegata chi volesse approfondire (o verificare) le mie osservazioni.
Comincio con un’affermazione perentoria: l’Europa della quale alcuni progressisti decretano (senza l’onere della prova) il fallimento definitivo, è quell’area del Pianeta che, pur navigando nelle acque perigliose e spietate del capitalismo, è riuscita a garantire molto più di altri un significativo benessere sociale, basato sui diritti universali alla salute e all’istruzione, ad un ambiente sano e ad un lavoro dignitoso.
La spesa sanitaria annua pro capite nel 2024 è stata di 13.000 $ per gli USA e di 7.400 $ per l’UE. Il livello di universalità dei due sistemi sanitari è qualitativamente ben noto. A fronte di questo enorme disallineamento, l’attesa media di vita alla nascita è cresciuta nel periodo 1950-2020 molto meno negli USA (dai 68 ai 78.8 anni) di quanto non sia cresciuta nei Paesi fondatori dell’Europa (dai 65 agli 83,2 anni). Il vantaggio dell’UE è comunque consistente anche per l’Europa a 27 Membri (1).
Il prodotto interno lordo nominale pro-capite 2024 è stato di 86k $ l’anno in USA e di 43k $ in UE. Ma se si guarda prodotto interno lordo pro-capite in termini di parità del potere d’acquisto, il prodotto europeo sale a 62k $ (2). Un dato che dovrebbe essere ben valutato dal movimento ambientalista: la prosperità di un Paese non è rigidamente legata al prodotto interno lordo, perché lo stato di benessere deriva anche da fattori come il tasso di economia non commerciale, la politica dei prezzi, l’inflazione.
In Europa la ricchezza è distribuita in modo significativamente più giusto di quanto non lo sia in paesi avanzati molto più ricchi. La distribuzione del reddito pro-capite è espressa dall’indice di Gini che assume valori tra 0 (distribuzione uniforme del reddito) ed 1 (tutto il reddito nelle mani di un singolo). I valori dell’indice di Gini sono rispettivamente 0.41 (USA) e 0.31 (UE) e non è una differenza da poco (3).
L’Europa ha finora trainato la lotta al cambiamento climatico raggiungendo traguardi molto significativi. Le emissioni annuali di gas serra pro-capite (su base territoriale) hanno raggiunto nel 2024 il valore di 18t CO2-e negli USA e di 7.3t CO2-e in UE (la t sta per tonnellata, la e sta per equivalente). Nel 2023 gli USA hanno ridotto i gas serra rispetto all’anno precedente dell’1.4%; per l’UE questa riduzione è stata del 7.5%; nel 2023 l’impronta energetica complessiva, funzione dell’efficienza di carbonio (rinnovabili) e dell’efficienza energetica (efficienza produttiva) è stata per gli USA di 0.32 tCO2-e/kUS$ e per l’EU: 0.13tCO2-e/kUS$ (4)
Va quindi tutto bene? Sicuramente No, ma è giusto in un’analisi critica e non distruttiva riconoscere che il cammino europeo fin qui non è stato inutile. Lo stesso atteggiamento di trasparenza e di onestà intellettuale ci suggerisce oggi di riconoscere che dall’invasione dell’Ucraina e da Trump in poi tutto sta cambiando e che l’Europa sembra oggi stordita di fronte agli avvenimenti. Ma a chi si pone la domanda “per quale Europa?„ suggerirei di dare (e di dire) le proprie risposte anziché attendere che siano altri a farlo. Per trasparenza, in merito al recente, improvvido annuncio di riarmo della Von Der Leyen, credo che la posizione eticamente più corretta debba nascere coniugando i valori della pace e della libertà, come sta cercando di fare la Segretaria del Partito Democratico, purtroppo osteggiata all’interno del suo stesso schieramento.
Cari amici progressisti, è l’Europa della democrazia e della giustizia sociale che vogliamo preservare e rafforzare e intendiamo gridarlo il 15 marzo. Sappiamo che dovremo lottare anche contrastando alcune scelte che non condividiamo, ma vogliamo partecipare a consolidare un’entità che sentiamo nostra perché alcuni importanti risultati li ha già raggiunti e sappiamo che servirà molto lavoro per migliorarli. Non ci mettiamo sulla riva del fiume ad aspettare non si sa bene quale cadavere e non abbiamo bisogno di prove preventive per dare credito a questa nostra Europa, che è stata così bellicista da trovarsi oggi disarmata (in idee e in pallottole) nel far fronte ad una guerra che non ha voluto e a un tradimento americano che non ha saputo prevedere.
Giovanni Colombo
Riferimenti
(1) Statista – 2024; Health System Tracker 2025.
(2) Euronews 2025 “GDP per capita in US and Europe”
(3) World Bank “Income Inequality, Gini Coefficient 2023”
(4) Unite Nations Environmental Program “Emission Gap Report” 2024
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