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La pelle è il nostro confine: cosa ci sta dicendo?


La pelle è il nostro confine: cosa ci sta dicendo?
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Post di counseling psicosomatico – per chi sente che il corpo parla prima della mente

La pelle è molto più di un involucro.
È un confine intelligente, vivo, poroso.
Ci protegge dal mondo esterno, ma nello stesso tempo ci connette a ciò che ci circonda.
È il primo organo con cui entriamo in relazione: al tatto della madre, al caldo del sole, al freddo del rifiuto.

In counseling, osserviamo la pelle non solo come manifestazione fisica, ma come luogo simbolico dei nostri confini.
Ogni arrossamento, ogni squama, ogni zona che prude o si spegne può portarci un messaggio che merita ascolto.

Quando la pelle parla, cosa vuole dire?

Chi vive una condizione come la psoriasi, una dermatite ricorrente o una cheratosi, a volte si sente “combattuto” tra la voglia di liberarsene e la sensazione che quella pelle stia dicendo qualcosa di più profondo.

Nel linguaggio psicosomatico, spesso la pelle riflette un bisogno di difendersi, o un conflitto legato ai confini personali:

  • Quando la pelle si ispessisce, come se volesse fare da corazza, ci chiede forse: “Di cosa ti stai proteggendo?”
  • Quando si infiamma o brucia, potrebbe chiederci: “Cosa non riesci a esprimere?”
  • Quando è troppo sensibile, vulnerabile, ci chiede: “Dove stai lasciando entrare troppo?”

La psoriasi, in particolare, è spesso associata alla necessità inconscia di mettere distanza, di creare una barriera. A volte è la pelle a farlo per noi, quando non riusciamo a dire di no, a prendere spazio, a marcare i nostri limiti.

La cheratosi, invece, può rimandare a un irrigidimento, una parte di noi che si chiude, si irrigidisce, si isola per eccesso di autoprotezione. È un modo del corpo per dirci: “Qui non c’è più passaggio”.

Eppure, ogni confine può essere riscritto.
E ogni pelle, se accolta, può trovare una nuova modalità per stare nel mondo.

Il counseling e l’ascolto del confine

Nel percorso di counseling non trattiamo la pelle, ma ascoltiamo ciò che la pelle racconta di te.

  • Ti senti al sicuro nel corpo che abiti?
  • Riesci a dire di no senza colpa?
  • Ti concedi di essere toccato, o ti difendi anche quando vorresti avvicinarti?
  • Chi o cosa stai tenendo fuori, o lasciando entrare troppo?

Sono domande delicate, ma essenziali.
Non per spiegare tutto, ma per iniziare a creare uno spazio di verità.

Lavorare sui confini, nella relazione di counseling, significa imparare a sentire dove finisci tu e dove inizia l’altro. Significa dare forma, dignità e direzione al proprio spazio personale, senza più aspettare che sia il corpo – o la pelle – a doverlo gridare.

La pelle non mente. Ci avverte. Ci protegge. A volte ci grida.

Se senti che il tuo corpo ti sta mandando segnali che non riesci più a ignorare, è il momento di ascoltarlo con rispetto.

Nel mio lavoro, accompagno persone a riconnettersi al proprio corpo, alle proprie emozioni e a quella voce interiore che troppo spesso viene messa a tacere.
Non per trovare risposte immediate, ma per iniziare a chiedersi le domande giuste.

Se ti riconosci in queste parole, o conosci qualcuno che sta vivendo un disagio legato alla pelle o alla relazione con i propri confini, condividi questo post. Potrebbe essere il primo passo di un cammino nuovo.

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