



In ogni percorso di consapevolezza arriva un momento in cui ci si accorge che la voce più dura, più esigente e più svalutante… è dentro di noi. È quella che ci spinge a fare di più, a non fermarci, a dimostrare; è la voce del giudice interiore.
Questa parte della psiche è stata chiamata super-Io (Super-Ego) da Sigmund Freud, che per primo ne ha delineato le funzioni all’interno del suo modello strutturale: Es, Io e Super-Io. Il super-Io si forma nei primi anni di vita attraverso l’interiorizzazione di regole, divieti, aspettative e valori trasmessi dalle figure genitoriali e sociali. Ha il compito di controllare gli impulsi, orientare il comportamento verso ciò che è ritenuto giusto e accettabile, e costituire una coscienza morale.
Una funzione fondamentale per l’evoluzione
Nel corso dello sviluppo umano, il super-Io ha avuto un ruolo cruciale. Dal punto di vista evolutivo e sociale, ha rappresentato un meccanismo di adattamento, favorendo la convivenza, la coesione e l'integrazione in un sistema collettivo. In età infantile, ha anche avuto una funzione protettiva: ci ha aiutati a ottenere approvazione, a evitare conflitti e a sentirci parte di un gruppo di riferimento. Tuttavia, ciò che in passato ci ha aiutato a sopravvivere può, da adulti, trasformarsi in una prigione interiore. Quando questa voce si irrigidisce, prende il sopravvento sull’Io, limitando la nostra libertà espressiva e generando senso di colpa, vergogna, ansia da prestazione, perfezionismo cronico e svalutazione.
Reich, Lowen e la memoria del corpo
Autori come Wilhelm Reich e Alexander Lowen hanno ampliato questa visione introducendo una prospettiva corporea. Per Reich, il super-Io non è solo una struttura mentale: si imprime anche nel corpo attraverso quella che lui definiva corazza caratteriale. Lowen, fondatore della Bioenergetica, approfondisce questa lettura: la tensione cronica, l’autocontrollo e la rigidità fisica sono manifestazioni somatiche del giudizio interiore. Il corpo si adatta alla critica: trattiene il respiro, irrigidisce la postura e blocca il movimento. Con il tempo, questo controllo interno si trasforma in una tensione permanente che limita la vitalità, il piacere e l’autenticità del sentire.
Riconoscere il giudice interiore e trasformarlo in alleato
In un percorso di counseling è possibile:
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Riconoscere e portare alla coscienza questa voce interna, che spesso agisce in modo automatico e inconsapevole;
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Comprenderne le origini, esplorando a chi appartengono davvero le convinzioni, i doveri e gli ideali che ci guidano;
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Ridefinire il rapporto con questa parte, ricordando che il super-Io non è ciò che siamo, ma una funzione creata per protegerci;
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Disidentificarsi da questa voce, iniziando a dialogare con essa da una posizione più adulta, consapevole e radicata.
Solo quando ci accorgiamo che questa voce è una parte di noi – e non la totalità di ciò che siamo – possiamo iniziare a osservarla, ascoltarla senza subirla, e riconoscerne l'intento originariamente protettivo. Da qui nasce la possibilità di scegliere: dare più spazio alla nostra verità profonda, al corpo che sente e alla vitalità che cerca espressione.
Se senti che il tuo giudice interiore è troppo presente, se ti accorgi che guida le tue scelte più del tuo sentire, un percorso di counseling può aiutarti a ritrovare una relazione più autentica con te stesso.
Per informazioni o per un primo colloquio, puoi contattarmi attraverso il tasto contatta autore.
Ornella Sari
Naturopata e Counselor Bioenergetico a Milano
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