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Zimbardo e la "Stanford Prison": esperimento sociale


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Secondo l'opinione di Philip Zimbardo, la prigione finta, nell'esperienza psicologica vissuta dai soggetti di entrambi i gruppi, era diventata una prigione vera.

Assumere una funzione di controllo sugli altri nell'ambito di una istituzione come quella del carcere, assumere cioè un ruolo istituzionale, induce ad assumere le norme e le regole dell'istituzione come unico valore a cui il comportamento deve adeguarsi, induce cioè quella "ridefinizione della situazione" utilizzata anche da Stanley Milgram per spiegare le conseguenze dello stato eteronomico (assenza di autonomia comportamentale) sul funzionamento psicologico delle persone. Il processo di deindividuazione induce una perdita di responsabilità personale, ovvero la ridotta considerazione delle conseguenze delle proprie azioni, indebolisce i controlli basati sul senso di colpa, la vergogna, la paura, così come quelli che inibiscono l'espressione di comportamenti distruttivi. La deindividuazione implica perciò una diminuita consapevolezza di sé, e un'aumentata identificazione e sensitività agli scopi e alle azioni intraprese dal gruppo: l'individuo pensa, in altri termini, che le proprie azioni facciano parte di quelle compiute dal gruppo.

L'importanza e l'attualità degli studi di Zimbardo e di altri ricercatori, sarebbe dimostrata dalle vicende riguardanti le torture cui furono sottoposti i prigionieri iracheni nella Prigione di Abu Ghraib, ad opera di militari statunitensi, durante l'occupazione militare dell'Iraq, iniziata nel 2003. Le immagini diffuse dai media, che ritraggono le sevizie e le umiliazioni subite dai prigionieri, risultano drammaticamente simili a quelle prodotte durante l'esperimento dell'Università di Stanford.

Le tesi alla base di questo esperimento vengono analizzate da Zimbardo in un suo saggio del 2007 (in Italia, pubblicato nel 2008) intitolato L'effetto Lucifero.

Effetto Lucifero è il termine utilizzato da Philip Zimbardo per indicare il processo per cui l'aggressività è fortemente influenzata dal contesto in cui l'individuo si trova.

Lo studioso conia il termine in seguito all'esperimento carcerario di Stanford, che dimostra l'importanza dell'ambiente nel determinare le condotte individuali, ridefinendo la loro importanza, fino a quel momento sottovalutata nella letteratura sull'aggressività. In precedenza infatti veniva attribuita quasi esclusivamente a fattori interni all'individuo.

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