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Carla Cavicchini
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Confiteor Come scoprii che non avrei fatto la rivoluzione


Confiteor  Come scoprii che non avrei fatto la rivoluzione
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Arriva a Firenze “Confiteor” di Bonifacio Angius: una commedia amara e intensa sulla fragilità umana, tra ironia, rabbia e poesia. In tour nelle sale italiane.

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Il film continuerà poi in tour nelle maggiori città italiane

Arriva da oggi a Firenze al Cinema AlfieriConfiteor come scoprii che non avrei fatto la rivoluzione, diretto e interpretato da Bonifacio Angius, in sala dal 16 ottobre distribuito da Obiettivo Cinema in collaborazione con Il Monello Film. Dopo essere stato presentato alle Notti Veneziane delle Giornate degli Autori dell’ultima Mostra del Cinema di Venezia e aver vinto il prestigioso Premio Lizzani, il film, che si avvale dell’interpretazione anche di Edoardo Pesce, Michele Manca, Massimiliano Nocco e della partecipazione amichevole di Geppi Cucciari è prodotto dallo stesso Bonifacio Angius per Il Monello Film con Andrea Leone Antonella Di Martino per Mosaicon Film, Alessandro Leone Marta Leone per la società polacca Agresywna Banda.

Quarto lungometraggio dopo PerfidiaOvunque Proteggimi e I giganti per Bonifacio Angius regista, sceneggiatore, attore, direttore della fotografia e produttore cinematografico, Confiteor Come Scoprii Che Non Avrei Fatto La Rivoluzione, è realizzato con il contributo di Regione Autonoma della Sardegna con la Fondazione Sardegna Film Commission, Los Siglos De Los Siglos Uci. Il film, nel racconto del regista Bonifacio Angius nasce da diverse congiunture e suggestioni, alcune molto personali, autobiografiche. È una storia di rabbia, tenerezza, ironia, cinismo, fragilità, furore, violenza, a volte inconsapevole, nascosta, velata, a volte ben consapevole, subdola, premeditata, la violenza nei gesti e nei pensieri, negli sguardi e nelle parole, motore invisibile delle azioni dei personaggi e, che ci piaccia o no, forma elementare dell'agire umano. Una commedia amara che si trasforma costantemente in dramma poi ritorna commedia e viceversa.

Il mio nome è Gianmaria, e da quando ero bambino, vivevamo tutti insieme. Tutti quanti, cugini, zii, zie, nonno e nonna. Tutti nello stesso palazzo. E facevamo tutto insieme. Facevamo anche la spesa nello stesso negozio. “Zio Gianni viveva nel garage, ed era fidanzato con una Ferrari. Al primo piano c'erano Zia Anna con Zio Nicola. Al Secondo abitava Zio Raffaele, quello cattivo, tirchio. Zio Raffaele aveva tre figli. Filippo, Luca e Silvietta. E Silvietta mi faceva battere Il cuore. Mio padre è stato in ospedale per quasi un anno ed è cambiato tutto. Non si ricorda più il mio nome. Non ricorda nemmeno come si chiama lui. Mia madre dice che forse sarebbe stato meglio che morisse. Ma poi, dopo averlo detto, si sente in colpa e si mette a piangere. Io invece non piango mai. Mamma dice che a nessuno importa più niente di papà. Che papà non è più nulla. Che tutti lo hanno abbandonato, a lui e a noi. E invece se fosse morto, si sarebbero messi tutti a piangere. Perché un morto fa piangere, un vivo no".

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