Sempre più in letteratura scientifica leggiamo di come la psicopatia di terzo livello appartenza a persone che occupano gli alti ranghi della società: manager di aziende, politici e persone di successo più in generale.
Di seguito condividiamo per intero un articolo di Titti Damato che reputiamo molto interessante:
"Nella cultura popolare l’immagine dello psicopatico è ricollegata a quella del serial killer. In realtà, in giro per il mondo ce ne sono milioni che la domenica non mancano una Messa e che tutte le mattine si svegliano, indossano giacca e cravatta e vanno al lavoro, magari dopo aver adempiuto al ruolo di mariti e padri modello, baciato le mogli ed accompagnato i bambini a scuola. Bisogna quindi liberarsi dall’immagine più diffusa, anche dai media, dello psicopatico come soggetto crudele, incapace di contenimento istintuale e fatalmente destinato ad incappare nelle maglie della giustizia.
Il nemico invisibile, così mi piace definirlo, occupa posizioni di prestigio, è un uomo di successo, si nutre e vive dell’asimmetria relazionale che impone ai subalterni, della soggezione e paura che essi nutrono nei suoi confronti nonché dell’ammirazione e dell’adorazione che manifestano per lui. Esempi di tali asimmetrie sono riscontrabili, oltre che nelle relazioni sentimentali, nei rapporti tra un medico psicopatico e i pazienti, tra un insegnante e gli studenti, tra il leader, il guru, l’opinionista e i suoi sostenitori, tra un tycoon, un capo-azienda o un dirigente di successo e i subordinati. E’ facile che queste interazioni, basate sul flusso unidirezionale e unilaterale di energia narcisistica, sconfinino nell’abuso. Per assicurarsi la collaborazione delle proprie vittime nell’estrazione dell’energia che necessita così a dismisura, lo psicopatico/narcisista patologico/borderline può ricorrere all’estorsione emotiva, al ricatto morale, alla violenza o all’uso distorto della propria autorità.
Le tentazioni, diciamolo con franchezza, sono universali. Come scrive Sam Vaknin in Malignant Self Love, “Nessun medico è immune al fascino femminile, né sono asessuati i professori universitari. Ciò che li trattiene dall’abuso immorale, cinico, spietato e sistematico della propria posizione sono i principi etici acquisiti attraverso il processo di socializzazione e la capacità di provare empatia. Hanno imparato la differenza tra giusto e sbagliato e, avendola interiorizzata, scelgono il giusto quando si trovano di fronte a un dilemma morale. Empatizzano con gli altri, si mettono nei loro panni e si trattengono dal fare ciò che non vorrebbero venisse fatto loro”.
La mancanza di empatia, derivante in primo luogo dalla problematica elaborazione del processo di socializzazione, dovuta a sua volta a disfunzioni relazionali della prima e seconda infanzia, non permettendo agli individui disturbati di sintonizzarsi sulla lunghezza d’onda degli altri, non consente loro nemmeno di sviluppare una solida consapevolezza morale, almeno a livello emotivo. Distinguendo ciò che è giusto da ciò che è sbagliato ma solo sulla carta, visto che sono privi di coscienza sociale, non si fanno fermare da scrupoli o rimorsi. Sono questi due termini che non trovano spazio nel loro glossario personale. In mancanza di fermi principi morali, un chirurgo psicopatico potrebbe lasciar morire un paziente piuttosto che far trasparire la propria incompetenza, un uomo di affari sarebbe disposto a portare al fallimento la propria azienda e alla rovina finanziaria i dipendenti e le loro famiglie, un banchiere alla devastazione dei correntisti e dei risparmiatori, un leader politico alla crisi economica e industriale del proprio Paese. L’annichilimento emotivo e il trauma da narcisismo in cui possono incorrere le vittime di relazioni patologiche sono niente in confronto ai danni che questi personaggi sono in grado provocare su larga scala.
In Colpevoli della Crisi?, Psicologia e psicopatologia del criminale dal colletto bianco, un recente ed interessantissimo saggio di criminologia e psicologia edito da Franco Angeli e che fa luce su eventuali responsabilità individuali e caratteriali del cataclisma economico e finanziario che ha colpito il mondo intero, Isabella Merzagora, Guido Travaini e Ambrogio Pennati affrontano il tema della presenza, nei settori dell’economia e della finanza, di persone egocentriche, prive di capacità empatiche e di identificazione con gli altri, spregiudicate, manipolatorie, machiavelliche, incapaci di rimorso, narcisiste, disoneste, menzognere. In pratica, psicopatici”.
La distinzione risalente allo psichiatra americano Benjamin Karpman già a metà Novecento tra psicopatici primari e secondari (i primi contrassegnati da audacia, irresponsabilità, bisogno di gratificazione immediata, mancanza di ansia e i secondi, c.d.criminali, più centrati sull’aggressività impulsiva e reattiva che sortisce facilmente nella carriera delinquenziale) conduce a una diversa riuscita nella vita: gli psicopatici primari, ipercompetitivi, avrebbero più successo. Ad essa corrisponde la distinzione coniata nel 1977 dalla psicologa Cathy Widom tra “psicopatici non di successo” e “psicopatici di successo” dove il successo di questi ultimi consisterebbe, tra l’altro, nel non finire in prigione anche grazie alla loro freddezza e al sufficiente self-control.
Secondo la psicologa Jennifer Skeem gli psicopatici secondari sono svantaggiati nella competizione sociale anche per la loro appartenenza a classi sociali inferiori; gli psicopatici primari è più probabile che appartengano alle classi sociali superiori. Nella stessa direzione si colloca Robert Hare, secondo cui un individuo con una combinazione di tratti di personalità psicopatici che cresce in una famiglia stabile e ha accesso a risorse sociali e formative positive può diventare un truffatore o un criminale dal colletto bianco, o anche un imprenditore o un politico o un professionista senza scrupoli. Un altro individuo, con gli stessi tratti di personalità ma proveniente da un ambiente deprivato e disturbato, può diventare un rapinatore, un mercenario o un criminale violento.
La figura dello psicopatico aziendale, creata nel 2005 da Clive Boddy in Corporate Psychopaths, si richiama a quella degli Psicopatici dai colletti bianchi di Hare. Boddy attribuisce (parte) dell’attuale crisi finanziaria globale alla presenza ai vertici di molte grandi aziende, in particolare di quelle finanziarie, di persone con numerose caratteristiche degli psicopatici. Secondo questo autore alcuni sono violenti e finiscono in carcere, altri costruiscono le loro carriere nelle aziende. A detta di Simon ed Eitzen lo studio degli psicopatici dovrebbe cominciare da Wall Street e secondo Hare dalla Borsa di Vancouver.
Quali psicopatici di successo, quelli aziendali– è scritto in Colpevoli della Crisi?- sono affascinanti, raffinati, carismatici, estroversi, insinuanti, sicuri di sé, machiavellici, narcisisti, parassiti, bugiardi, arroganti, inaffidabili, manipolatori, incapaci di rimorso. Sono “fondamentalmente dei predatori”, aggiunge Boddy, ma in grado di controllarsi…e di controllare gli altri che sono visti come semplici oggetti, buoni solo per raggiungere i loro scopi…Tra le loro caratteristiche ci sono la condotta sessuale promiscua, la propensione a imbarcarsi in relazioni di breve durata, il che in ambito lavorativo può tradursi in tentativi di seduzione facendo leva sul loro potere, quindi in molestie sessuali, nell’infliggere sofferenze psicologiche, o comunque in complicazioni a non finire a tutto detrimento del buon andamento delle aziende.
E ancora: Sono conversatori loquaci e brillanti, in grado di raccontare di sé storie convincenti e che li mettono in una luce positiva, anche se talora esagerano, fornendo l’impressione di recitare una parte. Data l’inclinazione alla menzogna, inoltre, si presentano nella migliore, anche se fasulla, luce possibile già ai primi colloqui di assunzione. E siccome sono abili nel manipolare gli altri, già a questi colloqui dicono quello che l’interlocutore vuole sentirsi dire. Si aggiunga che sono camaleontici, che hanno uno speciale talento per leggere le persone e modellarsi rapidamente sull’interlocutore… La dialettica incisiva, l’abilità nel manipolare gli altri, l’ascendente di cui godono, la ipertrofica consapevolezza del loro valore li fanno apprezzare soprattutto nelle aziende in crisi che sentono il bisogno di un leader forte; e qui forse vale la pena di riflettere non solo circa il contributo degli psicopatici aziendali alla crisi economica, ma anche sui pericoli per la democrazia qualora l’azienda in crisi sia lo Stato.
Nella rivisitazione della Checklist di Robert Hare del 2003 si riportano le parole di uno psicopatico intervistato dallo psichiatra canadese: “Quando sono all’opera, la prima cosa che faccio è studiarti bene. Cerco un appiglio a cui agganciarti, mi immagino di cosa hai bisogno e te lo do. Poi viene il momento di saldare il conto, con gli interessi”.
Il libro edito da Franco Angeli pone una domanda e fornisce una risposta: “Ma voi affidereste i vostri denari a persone così? Sì, ciò accade perché sono affascinanti, raffinati, carismatici, estroversi, insinuanti, sicuri di sé, machiavellici”. Se è questa la risposta che darebbero i risparmiatori dopo una vita di sacrifici, è lecito che la fiducia possa essere accordata agli psicopatici anche da donne mature, affermate, consapevoli, intelligenti, sicure di sé e desiderose di affidare a un compagno, al posto dei denari, il proprio benessere sentimentale ed emotivo".
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Il nemico invisibile occupa posizioni di prestigio! Interessante